giovedì 16 ottobre 2008

DDL su conciliazione commerciale

La Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge con delega al Governo di emanare normative sulla conciliazione nelle controversie civili.  Se questo testo diverrà legge, la conciliazione decollerà in Italia?  Due i problemi : i vantaggi fiscali che verranno collegati alla risoluzione conciliativa delle controversie (si parla di innalzare il limite attualmente fissato per la societaria da euro 25.000 ad euro 125.000, il che mi pare troppo poco); la formazione (si rischia che persone con una preparazione raffazzonata non permettano alla conciliazione di esplicitare tutte le sua potenzialità o, peggio ancora, che riducano il procedimento conciliativo ad un semplice mercanteggiamento di cifre di denaro). 
Sarebbe interessante avviare uno scambio di idee sull'argomento. Invito quindi gli interessati a utilizzare il presente Blog.

Grosseto, 16 ottobre 2008
                                                              Giovanni Matteucci
 

7 commenti:

Giuseppe Sbardella ha detto...

Caro Giovanni, sono molto perplesso sul disegno di legge di delega, particolarmente, come ovvio, in materia di mediazione civile.
Condivido che, in materia fiscale, si potesse fare di più.
Ad esempio, in materia fiscale, si poteva in aggiunta prevedere una detassazione completa dei compensi dei professionisti assistenti delle parti in sede di conciliazione.
Inoltre quanto previsto al punto "o" del 62 bis rappresenta un vulnus mortale al funziomento della conciliazione in quanto attribuisce, nei fatti, al conciliatore un potere valutativo che influirà sul comportamento delle parti che tenderanno ad influenzare tale valutazione stando bene attente a non fornire al conciliatore stesso tutti gli elementi così come dovrebbe essere in una sana e vera conciliazione.
Sempre la pubblicità che implicitamente sarà data alla proposta del conciliatore che sarà utilizzata dal giudice per la decisione sull'attribuzione delle spese (prevedendo addirittura una sorta di multa da applicare alla parte vincitrice qualora non abbia accettato la proposta conciliativa fatta proprio dal giudice in sede di sentenza).
Last but not least condivido le perplessità di Giovanni in termini di formazione e ne aggiungo altre sulla possibile attività di mobbying del poteri forti (ADR notariato, Conciliatore Bancario, Camere di conciliazione degli ordini) in materia di riserva a svolgere le conciliazioni a danno degli altri organismi di conciliazione.
Come AICoM (http://associazione-aicom.it) ci batteremo su questi fronti e ci chiediamo chi sarà al nostro fianco.
Cordiali saluti

Giuseppe Sbardella

Giuseppe Sbardella ha detto...

Scusatemi la seguente frase del mio prevedente commento
"Sempre la pubblicità che implicitamente sarà data alla proposta del conciliatore che sarà utilizzata dal giudice per la decisione sull'attribuzione delle spese (prevedendo addirittura una sorta di multa da applicare alla parte vincitrice qualora non abbia accettato la proposta conciliativa fatta proprio dal giudice in sede di sentenza)"
va completata con:
" rappresenta una palese violazione del principio di riservatezza"
principio fondamentale previsto anche in sede di normativa europea.

Grazie, cari saluti a tutti

Anonimo ha detto...

Come è mio uso non entro in campi che non conosco bene ma mi permetto di esprimere un commento di getto su due aspetti del DDL non del tutto marginali. Come è noto ( se non lo è nulla di male ) sono un poliziotto e vedo la conciliazione in un ottica molto poco …societaria e commerciale ma ne intravedo ogni giorno le enormi potenzialità inespresse. Ritengo , in stretta sintesi e se ben ho inteso lo spirito della nuova normativa, che qui , e finalmente , si possa parlare di un reciproco riconoscimento con pari dignità tra il “palazzo “ della Giustizia e le strutture , siano esse privare che Enti ( come le CC.I.AA.) ; non più un rapporto clandestino e competitivo.Ho colto questo aspetto nella previsione di un “DOVERE” dell’avvocato di informazione sulla possibilità di avvalersi dell’istituto della conciliazione tramite i suoi organismi.
Nel campo che mi occupa professionalmente un “dovere “ del genere è alquanto rivoluzionario , solo perché sentito da un appartenente dalle FF.OO. ma ,e qui è il mio contributo , io ed altri ci crediamo e manteniamo l’impegno a diffondere la mentalità conciliativa in generale , a renderla un fatto reale tangibile ai non addetti ai lavori . Sicuramente le prossime modifiche legislative possono avere una reale incisività solo se il focus dello sforzo sarà nella applicazione di tecniche piuttosto che ( nuovamente ) nell’interpretazione di norme , ciò che con la mediazione si tende a surrogare.
Per quel che mi riguarda e dal mio punto di vista , sommessamente, faccio osservare che ho un contatto diretto e quotidiano immediato con quello che , forse e poi , sarà oggetto di mediazione o di causa e vedo , e non a caso, comunque un secondo forte segnale positivo proprio nelle ultime righe del disegno di legge , laddove si dà forza esecutiva al verbale di conciliazione. Sappiamo bene che non è questo il fine né sarà questa la carta che affermerà la conciliazione ma , ritengo , sia un argomento che possa far presa sui più scettici e prevenuti , pertanto , ben venga .
Giandomenico Torella

Giuseppe Sbardella ha detto...

Mi vorrei brevemente soffermare anche su altri aspetto del disegno di legge, a partire sempre dal punto O dell'art. 62 bis che prevede delle possibili penalizzazione a carico del vincitore.
Innanzitutto un aspetto di tipo formale: come individuare in vincitore?
Capita apesso che il giudice accoglie parzialmente la domanda di una o di entrambe le parti. In questo caso chi è il vincitore? forse, se la decisione è uguale alla proposta del conciliatore, chi l'ha rifiutata? mi sembra veramente assurdo?
E a parte gli impatti negativi sulla condotta delle parti durante la conciliazione, da me evidenziati nel precedente post, siamo sicuri che il procedimento di penalizzazione del presunto vincitore incentiverà le conciliazioni o piuttosto le parti, convinte di vincere, non andranno in conciliazione temendo di esserne penalizzare in caso di vittoria (oltre al danno anche la beffa)?
Cari saluti a tutti

Anonimo ha detto...

Molto brevemente vorrei aggiungere, oltre ai commenti precedenti che per la gran parte condivido, una osservazione meramente pragmatica dal mio punto di vista, cioé quello di un legale che, dovendo fare in primis gli interessi del cliente, dovrebbe consigliare la conciliazione per gli a noi ben noti motivi. Sinceramente, se la conciliazione da proporre a un cliente é quella che si "intravede" dalla legge delega non mi sento proprio, come legale, di poterla "onestamente" (cioé in linea con quel rapporto di fiducia che lega avvocato e cliente) consigliare.
Alessandra Passerini

Anonimo ha detto...

OPINIONE SULL’ARTICOLO 39 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1082
In relazione all’articolo 39 del disegno di legge n. 1082 dividerei il mio contributo sull’aspetto metodologico e sull’aspetto contenutistico tentando una valutazione di sintesi finale.

ASPETTO METODOLOGICO
I ministri che hanno presentato il disegno di legge hanno agito correttamente scegliendo la strada del disegno di legge ed, all’interno del medesimo, dell’opzione dello strumento della delega, che consente al legislatore delegato di porre mano ad una tema, quello della mediazione e conciliazione, che, fino alla riforma del diritto societario, aveva incontrato solo approcci legislativi episodici, frettolosi e privi della reale possibilità di legittimare, nell’ordinamento giuridico vigente, un istituto dalle tradizioni e dalle implicazioni operative e giuridiche dibattute in dottrina, nelle sedi preposte alla formazione delle prassi, e circondato da un comprensibile sospetto da parte dei giuristi i cui orizzonti sono prevalentemente destinati a svolgersi entro le giurisdizioni.

Il contenuto delle norme sarà certamente tecnico e/o tecnicistico ed il legislatore delegato potrà, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega, operare al meglio con uno o più decreti legislativi ed entro un termine, ragionevolmente breve, di sei mesi dall’entrata in vigore della legge delegante.

ASPETTO CONTENUTISTICO
Credo di poter intanto iniziare la valutazione del contenuto dell’articolo 39 del disegno di legge affermando che il legislatore nazionale, probabilmente anche alla luce della Direttiva dell’Unione Europea entrata in vigore il 13 giugno 2008 e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Comunità Europea n. 136 del 24 maggio 2008, fin dal titolo dell’articolo “Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali” utilizza due termini “mediazione” e “conciliazione” intendendo riferirsi al primo come all’attività svolta dal terzo neutrale ed alla seconda come al risultato positivo o negativo della procedura .

Il legislatore comunitario però non fa mai riferimento al termine “conciliazione” e questo potrebbe autorizzarci a pensare che il legislatore nazionale ha conosciuto e voluto riconoscere le differenze delle due prassi ed intende, almeno nel nomen iuris, legittimarle entrambe.

L’intervento più completo ed organico realizzato dal Legislatore nazionale in materia di gestione extragiudiziale delle controversie civili e commerciali realizzato con legge 3 ottobre 2001 n. 366 il Decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 5, i Decreti del Ministro della Giustizia 23 luglio 2004 n. 222 e 223 fa infatti riferimento esclusivamente al termine “conciliazione”.
Per la mediazione e la conciliazione, prassi che hanno origini e tradizioni diverse dagli ordinamenti giuridici padri dell’attuale civil law, potrebbe essere un riconoscimento non da poco.

Quanto al contenuto della proposta possiamo intanto cominciare a dire che le lettere a), b), c) e d) del comma 3 paiono sostanzialmente confermare il vigente assetto normativo nazionale.
Assetto normativo nazionale che, sulla base del contenuto delle specifiche norme del Decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 5, colloca al centro gli organismi di conciliazione costituiti da enti pubblici o privati con il Ministero di Giustizia che autorizza la loro attività e vigila sul corretto svolgimento della medesima.
Alla lettera c) è importante, anche se pleonastica, l’indicazione della volontà di rispetto della normativa comunitaria che, in presenza della vigenza della direttiva comunitaria sopracitata, non ancora vigente prima dell’ultimo intervento del legislatore nazionale, estende i principi e i criteri direttivi a cui il Legislatore nazionale dichiara di volersi attenere nella stesura della legge delegata.

Proseguo analizzando i principi che introdurrebbero delle novità rispetto alle norme vigenti partendo dai soggetti per poi soffermarmi sulla procedura mediatoria in senso stretto.

Dal tenore del contenuto delle lettere e), f), g), h) e i) del comma 3 penso si possa certamente affermare la volontà di introdurre due nuovi soggetti promotori di organismi di conciliazione:
1. I consigli degli ordini degli avvocati, presso i Tribunali;
2. i consigli degli ordini professionali;
entrambi con la possibilità di svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche.
I primi organismi di conciliazione, istituiti su impulso dei consigli degli avvocati, presso i Tribunali, e che per il loro funzionamento si avvalgono del personale dei consigli stessi, hanno una esplicita valenza generalistica ; i secondi, istituiti su impulso e presso i consigli degli ordini professionali, subiscono invece una esplicita previsione di limitazione indicata dall’inciso “per le controversie in particolari materie”, hanno quindi una valenza specialistica o quantomeno particolaristica.
Entrambi gli organismi hanno un immediato ed importante riconoscimento infatti, in forza della previsione delle lettere f) ed h) del medesimo comma 3, sono iscritti di diritto nel Registro degli organismi di conciliazione tenuto dal Ministero di Giustizia

In relazione alle novità che riguardano la procedura in senso stretto, diversi sono gli aspetti su cui il legislatore delegato nazionale potrebbe intervenire.

Sulla base della previsione della lettera n) del comma 3 è prevista l’importantissima previsione del dovere (sarebbe stato più efficace prevedere obbligo) previsto in capo al singolo esercente la professione di avvocato “d’informare il cliente anche della possibilità di avvalersi dell’istituto della conciliazione nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione”.
La previsione è di straordinaria importanza anche se non è facile verificare l’effettivo rispetto.

Sono altrettanto importanti le previsioni delle lettere l), m) e q) del comma 3 che affrontano tre questioni concrete, che possono rivelarsi decisive sul fronte dell’effettivo ricorso alla conciliazione, faccio riferimento a due nuove prerogative riconosciute ai conciliatori:
a.di potersi avvalere di consulenti ed esperti, iscritti nell’albo dei consulenti e dei periti presso i Tribunali, con compensi preventivamente determinati (lettera l);
b.di poter essere remunerati, in misura maggiore, nel caso in cui sia stata raggiunta la conciliazione tra le parti (lettera m);
ed alla proposta che prevede, per il procedimento di conciliazione, una durata che non può eccedere i quattro mesi (lettera q) introducendo,nella procedura, un ulteriore elemento predeterminato e certo (è peraltro difficile pensare cosa possa accadere ad una procedura conciliativa che ecceda tale durata).

Altrettanto funzionale ad incentivare il ricorso alla conciliazione è la previsione proposta dalla lettera o) del comma 3. In tal caso il legislatore delegato dovrà prevedere forme di agevolazione di carattere fiscale, che, essendo esplicitamente previste a favore delle parti e non del verbale di conciliazione, dovrebbero potersi cumulare all’agevolazione fiscale già prevista dall’articolo 39 del Decreto Legislativo 17 gennaio 2003 n. 5.

Tra i principi ed i criteri direttivi non potevano mancare incentivi di natura squisitamente processuale ed a questo pensa la previsione di cui alla lettera p) del comma 3.
La proposta, spingendosi oltre la previsione dell’attuale articolo 40 comma 5 del D.Lgs 17 gennaio 2003 n. 5, consente di passare da una previsione incentrata sulla discrezionalità del giudice, che valuta comparativamente il comportamento delle parti, ad una previsione oggettiva: se la sentenza ha un contenuto uguale alla proposta definitiva formulata dal conciliatore, che il vincitore in giudizio ha rifiutato in conciliazione, non solo non sarà rimborsato, dal soccombente, delle spese di giudizio sostenute, ma, accertata l’inesistenza della resistenza in giudizio in malafede o per colpa grave, potrà essere condannato al pagamento di un ulteriore somma a titolo di contributo unificato.

VALUTAZIONE FINALE
Dalla lettura del contenuto del disegno di legge n. 1082, penso si possa affermare che gli incentivi tecnicamente prevedibili a favore della procedura conciliativa sono stati previsti, le categorie professionali che possono essere il vero motore delle opportunità conciliativa sono state coinvolte; vi sono quindi le premesse perché la procedura conciliativa trovi molte ragioni in più per essere scelta.
Forse il legislatore poteva avere più coraggio sulla centralissima questione culturale: la risoluzione extragiudiziale delle controversie avrebbe potuto essere una materia obbligatoria nella formazione dei giuristi e degli economisti d’impresa così come una capillare campagna informativa avrebbe potuto attraversare le scuole medie superiori .
Mauro Julini

Giovanni Matteucci ha detto...

Giovanni Matteucci

Ne Il Sole 24 Ore di martedì 11.11.2008, pag. 39, c'è un articolo a firma Claudio Siciliotti, Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, di cui riporto alcune parti :

"Alla fine dell'estate appena trascorsa, il Ministro della Giustizia Angelino Alfano ha convocato me e gli altri due presidente nazionali delle professioni che, insieme a noi, insistono sul 'comparto giustizia' (avvocati e notai), per fare il punto della situazione sulle esigenze di riforma o revisione dei nostri ordinamenti professionali.
".... il problema principale della giustizia in Italia è l'inaccettabile durata dei processi e la costante crescita dei procedimenti pendenti.
".... la macchina della giustizia italiana è assai più funzionale ad un suo utilizzo strumentale da parte di chi vede nel processo uno strumento per fare pressione o per seguire tattiche dilatorie nei confronti di chi è in difficoltà di tempo e mezzi economici".
La causa principale di tale situazione va ricercata "nel progressivo deterioramento del comune senso dell'etica, sia a livello individuale che a livello colletivo".
Per non "agevolare ed esaltare la litigiosità faziosa e strumentale, nelle sue alternative sfaccettature di litigiosità aggressiva o dilatoria ..." è opportuno introdurre " un meccanismo che nell'ambito del processo civile imponga alle parti di esperire un tentativo di conciliazione quale presupposto ineludibile per poter successivamente adire il giudice, con l'automatica conversione della procedura conciliatoria in consulenza tecnica, laddove il tentativo di composizione si rivelasse infruttuoso.
"La consapevolezza delle parti in merito al fatto che, in caso di mancata conciliazione, lo stesso professionista a tal fine incaricato va a quel punto a redigere la consulenza tecnica, su cui il giudice baserà talune delle proprie valutazioni di merito, costituisce indubitabilmente la più grande garanzia in merito al fatto che, ove i presupposti di conciliazione possano in concreto sussistere (e ne sia in primo luogo convinto il conciliatore stesso), i comportamenti di ostinata litigiosità, adottati a discapito della controparte e del sistema giuridico nel suo complesso, finirebbero per poter essere pagati a caro prezzo...".

Nell'ordinamento giuridico italiano negli ultimi anni sono già stati introdotti dei tentativi obbligatori di conciliazione, ed i risultati sono stati deludenti-per usare un termine eufemistico.

La conciliazione inoltre richiede un terzo imparziale, che sappia conquistare la fiducia dei contendenti, al quale questi ultimi siano disposti a esternare -anche in via riservata- i loro veri interessi. Se il così detto conciliatore diventa automaticamente il consulente tecnico del magistrato, fin dall'inizio della procedura gli avvocati delle parti adotteranno cautele e sofismi volti a non compromettere al posizione dei loro clienti nella successiva fase giudiziale.

Il problema principale sull'uso delle ADR in Italia è quello culturale. Mi pare quindi particolarmente fondato il suggerimento di Mauro Julini che il Governo inserisca l'insegnamento dei metodi di soluzione stragiudiziale delle controversie nei corsi di laurea di Giurisprudenza ed Economia.

Un riscontro concreto di quanto detto lo si può vedere nella provincia di Grosseto, dove Università di Siena e CCIAA di Grosseto hanno realizzato, per tre anni, un Master universitario di 1° livello sulle ADR. La Camera Arbitrale e di Conciliazione (presso la CCIAA) ha inoltre cercato di essere punto di riferimento per organi professionali ed enti locali in tema di conciliazione. Come conseguenza i tentativi di conciliazione presso la Camera di commercio nel 2008 si avvicineranno ai 300, di cui 10 societari. E la Provincia di Grosseto non è certo tra le più popolose o le più avanzate economicamente in Italia.